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PoesieRacconti.it


domenica 29 maggio 2011

Poetry-Therapy

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PSICOPOETRY E POESIA-TERAPIA 

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La narrazione rappresenta una delle forme di aiuto alla mente più naturale, uno stimolo ad utilizzare quella tipologia di pensiero narrativo che aiuta ad organizzare e riorganizzare le memorie, che permette di esprimere le emozioni conferendogli al contempo un senso e trasformandole da astratte, ignote e talvolta terrorizzanti sensazioni, innominabili e controllabili immagini mentali.
La poesia, composta in sonetti, in rima o, più liberamente, in versi sciolti, presente nel testo di una canzone, recitato su una musica, talvolta costituita solo dai ritmi delle emozioni interiori, è la più spontanea e profonda possibilità di narrazione dell’anima.
Utilizzata sin dall’antichità come forma preferita per esprimere emozioni forti personali e sociali, per comunicare messaggi indelebili nel tempo, la poesia è diventata oggetto di studi e dello sviluppo di metodi specifici che l’hanno trasformata in uno strumento di aiuto alla mente e in una vera e propria tecnica di aiuto in situazioni quotidiane o in presenza di disagi e sofferenze psico-fisiche.

Versi per la mente
 
La poesia ha certamente un suo naturale potere liberatorio.
Tuttavia, come accade ormai da tempo nel campo delle arti, come danza, teatro, disegno, scrittura, si fa presto a dire “terapia”, marcando dei benefici che un’attività può produrre spontaneamente, ma che non possono essere definiti “cura” o “metodo di aiuto” senza fare riferimento ad una teoria, a dei metodi operativi e possibilmente alla valutazione iniziale e finale degli aspetti su cui si interviene positivamente, garantendo la possibilità di poter controllare e riproporre in futuro le metodologie che hanno mostrato un’azione terapeutica.
È per questo che è necessario chiarire cosa si intende per “psicopoetry” e per “poesia-terapia” , termini spesso abusati e travisati, talvolta improvvisati da poeti che li utilizzano impropriamente per riferirsi all’uso della poesia che allevia astratte tensioni dell’anima (lontano dal reale significato di terapia) oppure utilizzati altrettanto impropriamente nel campo della psicoterapia per definire la pura e semplice adozione della scrittura o della lettura di poesie, senza l’applicazione delle tecniche specifiche sviluppate in questi ambiti, bensì come un puro strumento preso in prestito per esercitare una tradizionale forma di psicoterapia.
La “psicopoetry” e la “poesia-terapia” sono invece metodologie creative e alternative a quelle tradizionali di aiuto alla mente, fondate su tecniche specifiche di utilizzo della scrittura poetica e della lettura di poesie, con finalità di consapevolezza e supporto a stati emotivi e cognitivi (pensieri) che sono importanti per la crescita ed il benessere psicologico di una persona.
La psicopoetry parte da obiettivi psicologici e comportamentali che si intendono raggiungere e utilizza la poesia con tecniche idonee a favorire tali esiti psico-sociali.
Generalmente si parte dalla valutazione iniziale del disagio, con la lettura e scrittura poetica o con strumenti e metodi di auto-osservazione guidata, per lasciare spazio ad un percorso durante il quale vengono utilizzate le tecniche psico-poetiche o poetico-terapeutiche ritenute più utili per il recupero del benessere e per migliorare alcuni atteggiamenti negativi. Infine, si giunge alla rielaborazione finale del lavoro fatto, dei risultati ottenuti, in modo da raggiungere una esplorazione poetica finale auto-valutativa.

La conduzione di tali programmi pertanto richiede una formazione specifica che contempli la conoscenza di importanti aspetti di psicologia applicata, di comunicazione, nonché di tecniche specifiche di psicopoesia e poesia-terapeutica. L’accento invece non va posto sulle diverse forme poetiche, aspetti tecnici che potrebbero essere utilizzati in forma limitante all’espressione di sé.


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Tecniche di aiuto alla mente attraverso la poesia
 
Le modalità di applicazione della poesia per aiutare la mente non sono semplici forme di composizione poetica libera, bensì forme indubbiamente creative di poetizzazione guidata per raggiungere obiettivi graduali attraverso tecniche artistico-creative, letterarie e di drammatizzazione sviluppate grazie ai contributi provenienti principalmente dalla psicologia della scrittura.
Un percorso di psicopoetry inizia in genere dopo un colloquio motivazionale e di definizione degli obiettivi, durante il quale ci si può avvalere di diverse griglie di auto-osservazione guidata di stati emotivi, di diari di bordo del percorso o, se si può e si desidera essere più scientifici, anche di questionari o test di valutazione della situazione-obiettivo iniziale cui si potrà confrontare poi la condizione di fine percorso.
Di seguito vengono descritte le principali tecniche psico-poetiche utilizzabili in percorsi individuali o di gruppo di psicopoesia o di poesia-terapia, selezionandole in relazione alle diverse esigenze e finalità ambite.
  • La “scrittura poetica primitiva” e la “poesia-follia”, sono due tecniche utili in fase iniziale e finale, che partono da stimoli-chiave emotivi, costituiti nel primo caso da più parole o temi di apertura e nel secondo caso da una unica parola-stimolo, per ricostruire in chiave poetica la situazione di partenza, attraverso la narrazione iniziale di Sé e delle proprie emozioni del momento.
  • Il “sogno poetico” è una modalità di scrittura di poesie che nasce dopo aver eseguito uno stato di rilassamento guidato (allo scopo di attivare fisiologicamente le parti più creative, allontanandosi dai filtri razionali della quotidianità) e di focusing su parole o immagini mentali. È una metodologia che può essere utilizzata come tecnica di abreazione per liberare le emozioni legate a situazioni difficili, negative, traumatiche e non elaborate, oppure per imparare a conoscere meglio il proprio mondo interiore in situazioni in cui il proprio comportamento appare limitato da aspetti psicologici che sfuggono alla consapevolezza ed al controllo cosciente.
  • La “poesia simbolica” è una tecnica volitiva di composizione e rilettura molto utile per superare una delusione, una perdita, un cambiamento, per staccarsi lentamente da stati di dipendenza affettiva oppure per fissare le motivazioni che possono ricucire legami controversi importanti, attraverso creazioni che possano raccogliere e ricordare le emozioni provate nei confronti di una persona o di una situazione con cui si mantiene un legame irrazionale e doloroso.
  • La “poesia positiva” è una forma di poetizzazione che cattura prospettive positive alla vita, sviluppando le possibilità di “pensiero positivo” e alimentando nuove emozioni, aiutando a superare quelle tendenze a concentrarsi sui momenti emotivi negativi amplificandoli, come avviene nelle persone con tendenze depressive.
  • La “poesia immaginativa” è una tecnica di lettura di poesie, composte dal destinatario o da altri, che assumono una funzione simile a quella della “poesia positiva”, ossia di aiutare a sviluppare una rappresentazione di Sé in una situazione, associata ad emozioni positive. È molto utile per affrontare paure e situazioni ansiogene. Spesso si può partire da una “poesia immaginativa negativa” per giungere a sviluppare e rileggere, in condizioni più utili ad assorbire le emozioni, una “poesia immaginativa positiva”.
  • La “cronaca poetica” è una forma di allenamento molto utile alle persone “alessitimiche”, ossia a coloro che non sono particolarmente capaci di parlare delle emozioni che vivono e che quindi tendono a riferire la “fredda cronaca” degli eventi, conservando le emozioni sotto forma di conversione fisica degli stati affettivi inespressi (somatizzazioni) o come un “dolore senza nome”. Per chi ha difficoltà più grandi nell’espressione emotiva, si può cominciare con la composizione di forme brevi di “cronache emotive” a partire dalla rilevazione del “profilo emozionale” associato ad un evento, cioè avvalendosi di una griglia emotiva di aggettivi-stimolo che devono essere scelti e poi utilizzati nella creazione poetica. Un altro metodo consiste nella stimolazione della creazione attraverso la lettura-recitazione emotiva di poesie altrui che si riferiscono all’evento da rielaborare.
  • L’”eco poetico” è una tecnica con finalità simili alla precedente che serve a supportare la coscienza emotiva e che consiste nella creazione poetica durante la lettura di poesie o di altre narrazioni a tema. Ha la principale funzione di aiutare chi non è abituato a sentire e a descrivere le proprie emozioni.
  • La “poesia biografia” rappresenta una forma di biografia poetica del Sé molto utile alla costruzione e ricostruzione della propria identità, è una modalità di rappresentazione di uno o più aspetti di Sé, che vengono narrati in versi utilizzando diversi metodi: dalla creazione o lettura di poesie che si ritengono rappresentative di Sé (autopercezione), alla poetizzazione o lettura di poesie che si desidera che gli altri possano dedicare a sé (eteropercezione). E’ molto utile per migliorare le problematiche tra genitori e figli e tra coniugi, quando risultino connesse alla discrepanza tra “percezione desiderata” e “percezione ottenuta”.
  • La “poesia dialogica” è una forma poetica dialogata, una conversazione poetica con un interlocutore simbolico o tra due o più personaggi (persone reali o parti di sé), attraverso la quale si può aiutare ad esprimere qualcosa che non si riesce ad esprimere oppure a dare spazio a parti di sé (es. maschili vs femminili) che non riescono a trovare voce e quindi ad essere vissute.
  • La “poesia fantasmatica” è una forma di espressione poetica di fantasie o timori che possono essere descritti in prima persona o come paure dell’umanità. È una forma poetica molto utile per i bambini per affrontare le paure non ammesse o non rivelate, legate ad eventi sociali o familiari in corso.
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La psicopoetry e la poesia-terapia possono essere fondate su diversi programmi.
 
Uno dei programmi più comuni è costituito dal metodo “ten-poetry” (Monaco M., 2006), un percorso in dieci fasi, la prima e l’ultima centrate sulla percezione di sé iniziale e finale e le altre otto ognuna centrata sull’esplorazione di un vissuto evolutivo fondamentale, basandosi sulla teoria ericksoniana, per favorire il miglioramento del benessere globale dell’individuo.
Per incoraggiare la composizione e l’espressione poetica, le tecniche di psicopoesia e poesiaterapeutica vengono affiancate dall’utilizzo di altre tecniche, metodi e strumenti.

Bibliografia


  • Bartalotta G., 2003, Manuale di arte terapia poetica. La poesia per liberare il nostro inconscio, Edup, Roma.
  • Revault J.Y., 2005, Guarire con la scrittura, Red Edizioni, Milano.
  • Monaco M., 2006, Dei giorni di sole e delle notti di pioggia:dalla poesia alla poesia-terapia, in press, Palermo.


 
Una di questi strumenti è la musica , che può assurgere alla funzione di sostenere o viceversa di placare alcune emozioni, fino a divenire una vera e propria forma di musicoterapia che supporta il processo in corso.
Altrettanto utili sono le tecniche di rilassamento che servono come porta di accesso più veloce e più profonda alle parti emotive del comportamento.
La creazione artistica completa le possibilità di espressione emotiva poetica, esaltando spesso le tensioni emotive con la forma o lo spazio, come avviene ad esempio nella tradizione poetica di Apollinaire in cui le parole possono essere giocate esprimendo in modo ambiguo più concetti o sottolineando ciò che è detto in verbo poetico, fino ad essere affiancate da disegni e dar luogo, come avviene in Covoni, ad una vera e propria “poesia visiva”.
La psicologia del colore e la cromoterapia vengono accostate alla poesia, come la musica, per suscitare o sottolineare alcune emozioni, spesso insieme alla teatralizzazione espressiva che consente di interpretare e comunicare agli altri le emozioni che simbolizzano quelle parti di sé che si desidera consolidare e affermare nel contesto sociale.
La danza e il canto delle emozioni poetizzate conferiscono la forma di “ballate” alle poesie, secondo la tradizione delle composizioni poetiche arabo-spagnole e vengono utilizzate in una forma moderna più libera dagli schemi tradizionali in cui si alternava un ritornello danzato e cantato in gruppo alla quartina che veniva cantata da un solista.


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sabato 14 maggio 2011

Cinematerapia per migliorare se stessi...

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Fratelli Lumière

 

" La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale."


Louis Lumière

Il ricorso alle Arti a scopo formativo e terapeutico è di grande attualità e trova nella Cinematerapia uno dei più interessanti sviluppi.
Nati entrambi negli ultimi anni del 1800, Cinema e Psicoanalisi non da subito hanno riconosciuto il loro legame fraterno. Sembra infatti che Freud considerasse il cinema "un passatempo senza storia" ed è certo che rifiutò di collaborare al film di Pabst I misteri dell'anima (1925), primo omaggio alla psicoanalisi.
Ormai maturi da tempo, i due "fratelli" sono ben consapevoli di abitare gli stessi territori di confine tra sogno e realtà, ragione e sentimento, emozione e controllo, lavoro e immagine. Le analogie tra film e sogni sono evidenti: secondo Fellini, per esempio, "il film è il sogno di una mente in stato di veglia". Altri registi affermano di essersi ispirati ai loro viaggi onirici quando hanno pensato a un film. Per lo psicoanalista Musatti i sogni sono come i film, entrambi pensano soprattutto per immagini, si dimenticano e si modificano nella memoria perché tempo e spazio non corrispondono alla vita reale. La stessa sequenza parola-immagine-parola del cinema è ben presente anche nel sogno, nel quale "la parola che nasce dall'immagine permette la verbalizzazione di esperienze preverbali che diventano pensabili" (Mauro Mancia, 2007).

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Chiamato a sua volta "fabbrica dei sogni", il medium cinematografico, con la sua illusione di verità che suscita la meraviglia e lo stupore, ha un potere evocativo, simbolico e allegorico straordinario. Esso rappresenta "l'incarnazione dell'immaginario nella realtà esterna" (Edgar Morin, 2001) e può essere considerato a tutt'oggi il "luogo privilegiato in cui l'inconscio diffonde a pioggia i propri raggi luminosi per rendere visibile l'invisibile" (Brunetta, 1995).
L'esperienza regressiva, ma emotivamente coinvolgente, di stare seduti in una sala al buio in una posizione passiva-recettiva (altrimenti definita come "veglia sognante", "allucinazione paradossale", "vertigine psichica", o ancora "coscienza sospesa e non assente") di fronte al magico scorrere della pellicola, che "permette di evocare quello che non c'è rendendolo presente" (Alina Marazzi, 2003), attiva un modo di funzionamento mentale tipico del daydreaming, del sogno, del pensiero associativo della veglia. E da questo incantesimo può nascere un autentico processo creativo e di rivelazione profonda. La visione di un buon film, con i suoi movimenti identificatori e proiettivi che ci fanno sentire in gioco in ogni personaggio, apre nuove strade e nuovi scenari per la comprensione degli aspetti emotivi e spesso inconsapevoli del nostro rapporto con la realtà. 

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Guardando lo schermo con "occhi d'oro che san vedere nella notte"(Lella Ravasi Bellocchio, 2004 e 2007), il cinema può curarci come ci cura il sogno (il nostro cinema interno) perché ci offre la straordinaria occasione di "storicizzare il nostro inconscio facendoci rivivere emozioni rimosse o dimenticate per sempre " (Mauro Mancia, 2007).
Di questo sono ben consapevoli registi come Fellini che, dopo l'ultimo ciak a un suo film (8 e mezzo), così ne riconobbe il grande potere di autoguarigione: "Non so dire esattamente cosa farò dopo questo film ma, posso dire, con molta sincerità, che esso mi ha fatto veramente beneÉ Io so che adesso potrei fare qualsiasi cosa, perché è nuovo il modo di guardare e anche il modo di amare".
A partire dagli U.S.A. si è diffuso anche in Italia l'uso terapeutico dei film: per ogni malattia (dai disturbi d'ansia e depressivi all' ipertensione e ai tumori) una pellicola, dietro consiglio di esperti che hanno all'uopo confezionato esaurienti manuali. Nancy Peske e Beverly West così introducono il loro bestseller dedicato alle donne, Cinematerapia. C'è un film per ogni stato d'animo: " (É) i film sono ben più di un semplice divertimento: sono dei medicinali che possiamo autoprescriverci. Una buona pellicola è come un ricostituente lenitivo che, se somministrato correttamente, in combinazione con l'inerzia assoluta e qualche cibo oscenamente ricco di grassi, può curare di tutto: dalle crisi d'identità ai giorni in cui ti svegli con i capelli in disordine, alla tristezza provocata dall'odio per il proprio lavoro". Secondo lo psichiatra Vincenzo Mastronardi, i film "sono come iniezioni intramuscolari di forza, di energia". Il suo Filmtherapy è un'autentica "enciclopedia psicofilmica": per ogni film ci sono le indicazioni terapeutiche e le modalità psicologiche con cui avvicinarsi ad esso.

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"Un film è come chiacchierare con un'amica/psicologa. Con il vantaggio che se non ti va lo cambi, oppure lo puoi rivedere", chiosa la giornalista Paola Maraone autrice del recentissimo Cineterapia. 99 film che fanno bene al cuore.
Eppure, come ben sottolineano Ciappina e Capriani (Manuale di Cinematerapia), è importante non confondere lo strumento con la terapia, l'effetto consolatorio del "Cinema" con gli esiti della "Cinematerapia" che si pone l'obiettivo ben più alto di perseguire uno sviluppo di crescita personale. Come Freud analizzava i sogni, via regia all'inconscio, all'interno di un ben definito setting analitico, anche i cinematerapeuti utilizzano il cinema come strumento interpretativo. Hanno così messo a punto una specifica metodologia per "comporre ed elaborare le emozioni grezze", suscitate dalla visione di film scelti ad hoc, "in processi complessi che hanno la finalità di stimolare nell'individuo lo sviluppo di nuove competenze, la realizzazione dei propri progetti profondi e agevolare il suo cammino esistenziale". I vari meccanismi psicologici, spesso inconsapevoli, di identificazione, proiezione ma anche di regressione e amplificazione vengono opportunamente rielaborati nel percorso formativo che è favorito dal lavoro in gruppo.

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Qualsivoglia sia il metodo utilizzato nel cinema come terapia, ciò che emerge sempre è la straordinaria forza delle immagini, che possono curarci se ci prendiamo a nostra volta cura di loro, per riuscire ad accedere alla dimensione simbolica che sa leggere oltre le parole e utilizzare a pieno le risorse emotive di cui siamo dotati.
Una modalità nuova che esalta questa prospettiva è l'associazione di Cinema e Sogno che coniuga la visione di un film al Social Dreaming (sognare sociale/ sognare insieme), la più recente e raffinata tecnica psicoanalitica per esplorare l'inconscio collettivo (Gordon Lawrence, 2001). Essa deriva da progetti internazionali di ricerca sulla formazione di operatori sanitari in psicooncologia (Nesci e Poliseno, 2002) per aiutarli a raggiungere una maggior consapevolezza delle dinamiche inconsce sempre presenti nella relazione di cura e che tanto peso hanno nel determinare frustrazioni e burn out. Un film a tema (come La stanza di Marvin sul cancro o Mare dentro sul tema dell'eutanasia, per esempio) viene qui utilizzato come strumento facilitatore del sogno degli spettatori che si incontrano nuovamente il giorno successivo all'interno delle matrici del sogno.
Definita da Gordon Lawrence come "luogo dove nasce qualcosa e dove non c'è la tirannia di appartenere a un gruppo perché il tramite del discorso è il sogno e non l'individuo", la matrice consente a sogni e ricordi di venire sperimentati non più come realtà individuale bensì come espressione di un patrimonio comune e trans-individuale. Fuori dalla stanza d'analisi, dove sono stati così a lungo custoditi, i sogni possono quindi tornare a pieno titolo nel mondo a occuparsi della natura dei nostri collegamenti con gli altri. Cinema e sogni sono esplorati da chi scrive, insieme alla psicoanalista Giovanna Cantarella, anche uscendo dalla valenza strettamente formativa dell'ospedale, per entrare nella comunità dei sognatori (con il film Il vento fa il suo giro al Cinema Mexico di Milano e al Multisala Portanova di Crema nel gennaio e maggio 2008) e recuperare il loro significato più profondo con un'autentica lettura collettiva, riscrittura della pellicola a più voci, ripartitura a più mani. Ogni voce narra e illumina una scena del film, vedendo aspetti che ad altri sono sfuggiti, offrendo la propria visione, la propria riflessione senza far prevalere un'opinione sull'altra. Nell' ovattata e crepuscolare atmosfera della sala cinematografica sogni, ricordi e libere associazioni si connettono gli uni agli altri con infiniti rimandi, consentendo a ciascuno di accedere a una dimensione misconosciuta della mente e della realtà per approdare a un nuovo grande film/sogno finalmente condiviso.



" L'artificio, sempre, è alla base del cinematografo. Ma non bisogna prendere questa parola in cattivo senso. Se i risultati sono buoni, l'artificio è, senz'altro, sinonimo di arte. "

Mario Soldati
 

http://giotto.ibs.it/cop/cop.aspx?s=B&f=170&x=0&e=9788807840517   
Titolo :Cinematerapia 2. Un film dopo l'altro verso la felicità
Autore :Peske Nancy; West Beverly

Sei in preda a una crisi adolescenziale? Guarda uno dei film sui teenager e sul coming out e celebra la tua vera natura. C'è qualcosa che ti tormenta? Hai un nodo in gola? Hai voglia di piangere? Immergiti in uno dei catartici film strappalacrime come "Ho sognato un angelo" e prepara i fazzoletti. Ti trovi nel bel mezzo di una fusione della famiglia nucleare? Guarda uno dei film sulle famiglie disastrate come "La famiglia Addams" e ridi del tuo bizzarro clan. Una nuova guida cinematografica che prescrive il film giusto per curare qualsiasi male e trovare la felicità. 
http://giotto.ibs.it/cop/cop.aspx?s=B&f=170&x=0&e=9788820044558

Titolo :Cineterapia. 99 film che fanno bene al cuore
Autore :Maraone Paola

Le donne sono capaci di rivedere lo stesso film centinaia di volte. Coazione a ripetere o scelta oculata? Questo libro, spiritoso e autoironico, dimostra che la fìlmtherapy funziona sempre. Da sola o in compagnia di uno stuolo di amiche fedeli, ogni donna sceglie di vedere quelle pellicole che la aiutano ad affrontare le fasi fondamentali della vita: i momenti felici, l'inizio o la fine di un amore o di un'amicizia, una passione travolgente, la maternità e i momenti tristi. Ogni film corrisponde e accompagna un diverso stato d'animo. Da "Colazione da Tiffany" a "Pretty Woman", da "Ghost" a "Harry ti presento Sally", Paola Maraone propone una lista dei 99 film, recensiti e raccontati così da farne emergere le potenzialità terapeutiche. E non serve neanche la ricetta del medico.