On the Book

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PoesieRacconti.it


domenica 31 luglio 2011

Surreale.... E' GIA' IERI (2004)

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È già ieri
Italia/Spagna 2003, 90'
Genere:
commedia
 
USCITA CINEMA: 16/01/2004
REGIA: Giulio Manfredonia
SCENEGGIATURA: 
FOTOGRAFIA: Roberto Forza
MONTAGGIO: Roberto Martucci
PRODUZIONE:  
RICCARDO TOZZI, GIOVANNI STABILINI, MARCO CHIMENZ PER CATTLEYA, FLAMENCO FILMS AND ESTUDIOS PICASSO
DISTRIBUZIONE: COLUMBIA TRISTAR FILMS ITALIA (2004)
PAESE:
 
Italia – Spagna – Regno Unito, 2003 
GENERE:  
Commedia
DURATA: 99 Min
FORMATO: Colore  
SOGGETTO:
Liberamente tratto dal film "Ricomincio da capo" (1992) di Harold Ramis.


Primo caso nella storia di remake italiano (anzi, italo-spagnolo) di un film hollywoodiano, È già ieri ripropone a dieci anni dalla sua uscita il soggetto base di una delle commedie migliori degli anni ’90: Ricomincio da capo di Harold Ramis, con il grandissimo Bill Murray (apprezzato di recente in Lost in translation). Chi l’ha visto ricorda che un insopportabile giornalista Tv si trovava in trasferta – annoiato e arrabbiato col mondo – e poi finiva in un incubo surreale: svegliarsi ogni mattina per rivivere sempre lo stesso giorno decine di volte, sempre uguale. Fino a cercare diversivi per non impazzire, e anche a sfruttare la situazione.
Stavolta, nei panni del cinico protagonista c’è il “nostro” comico Antonio Albanese: conduttore di un programma sulla natura, si ritrova alle Canarie per un servizio su un branco di cicogne per lui insopportabili. E, risvegliandosi sempre il 13 agosto, bloccato da una tempesta e da altri contrattempi non riesce a fuggire dalla maledetta isola...
Reduce da due film tremendi (la fame e la sete e Il nostro matrimonio è in crisi), Albanese si rivela stavolta – slegato finalmente dalla regia, che lo vide promettente debuttante in Uomo d’acqua dolce, ma poi appunto deludente – pimpante e ben servito da una sceneggiatura fatalmente non originale (tutte le idee migliori del film americano ci sono tutte, pari pari). Chi cerca uno svago non triviale si divertirà, soprattutto se non ha visto Ricomincio da capo. Chi ha amato quel capolavoro ricco di sfumature e sottigliezze, soprattutto nell’interazione con alcuni gustosi personaggi secondari (sottigliezze che qui non ci sono, se non a tratti) sarà inevitabilmente portato al confronto, e presto gli risulterà troppo inferiore questo esito “europeo”. Anche perché manca totalmente la parte di riflessione sul tempo, sulla sfida al cambiamento che Ricomincio da capo portava, pur in un quadro divertente e a momenti esilarante.
Ma non si deve eccedere in severità: in fondo c’è da rallegrarsi a veder parzialmente recuperato un attore niente affatto televisivo (come continua a scrivere tanta critica) come Albanese. Che dà il meglio quando dalla commedia passa improvvisamente al dramma; come sa bene chi lo ricorda in film totalmente drammatici come Vesna va veloce (il suo miglior film) e Tu ridi, ma anche lo stesso Uomo d’acqua dolce. A patto poi, per completezza, recuperare Ricomincio da capo, per vedere e apprezzare lo spunto originale sviluppato al meglio.
Peccato, infine, per qualche volgarità, anche se non superiore a quella di buona parte dei film in circolazione.



Quando si dice che il mondo si capovolge! Si, perché non è scommessa da poco decidere di realizzare il remake di un film americano perfetto come "Ricomincio da capo" diretto nel 1993 da Harold Ramis e interpretato da un indimenticabile Bill Murray.
Ci prova Giulio Manfredonia che dopo "Se fossi in te" ritorna alla cosiddetta "if comedy" per riproporre, all'italiana, il confronto con il tempo e la sua estremizzazione nella ripetizione all'infinito. Scontroso e irritante, il protagonista - qui l'italianissimo Antonio Albanese- è un celebre conduttore televisivo di trasmissioni naturalistiche che oltre al suo prossimo odia molto anche viaggiare.
Costretto a recarsi nelle Canarie per realizzare un servizio su un gruppo di 8 cicogne che hanno preferito appollaiarsi sulle cime di un monte invece di partire con il proprio stormo, Filippo Fontana spera di cavarsela in 24 ore.

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A missione compiuta l'odioso e sgradevole conduttore prepara i suoi bagagli per ripartire immediatamente da quell'isola che, pur non conoscendo affatto, detesta profondamente.
Ma il destino è in agguato. Bloccato da una inattesa tempesta di mare, Filippo è costretto a restare una notte in più del previsto e il giorno dopo, al suo risveglio, scopre di essere 'bloccato nel tempo' e di dover vivere di nuovo la stessa giornata. Una ripetizione infinita che lo porterà dal panico alla disperazione, fino ad una lenta ma inarrestabile comprensione di sé e degli altri, in un ideale percorso iniziatico che troverà un proprio significato in un radicale e imprevisto cambiamento personale. Il tempo che sfugge e che non siamo mai in grado di utilizzare appieno, tante sono le aspirazioni o gli impegni che ci assillano e ci assalgono quotidianamente: questo il tema 'intimo' del film che Manfredonia ripropone riprendendo le linee principali della storia americana e lasciando ampio spazio ad una comicità a tratti surreale, che Antonio Albanese in coppia con Fabio De Luigi, rende a volte irresistibile.
Pellicola divertente e senza troppe pretese se non quella di distrarre e sviscerare con arguzia tutto ciò che potrebbe accadere in una sola giornata che si ripete senza sosta.

Valeria Chiari

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Il cinema americano si è preso spesso la briga di rifare film di successo italiani in quel di Hollywood. Per una volta tanto, con “È già ieri”, è successo il contrario, con il regista Giulio Manfredonia, alla sua seconda opera, che si è voluto misurare in un remake di un cult USA come “Ricomincio da capo”, storia fantastica che vedeva il protagonista, un grande Bill Murray, intrappolato in loop temporale che gli faceva vivere sempre il solito giorno.
L’operazione compiuta da Manfredonia è stata quella di sostituire ambientazione e personaggi mantenendo però pressoché inalterate le idee che davano slancio al film del 1993. Protagonista quindi è sempre un uomo borioso e scortese, il quale anziché essere intrappolato nel “giorno della marmotta” (animale comunque omaggiato all’inizio con uno sketch) è costretto a rivivere il giorno in cui deve dedicarsi ad un servizio su delle cicogne che hanno nidificato in un vulcano delle Canarie. Cambiano ovviamente anche il nome e la carta d’identità, con al posto di Murray il comico Antonio Albanese, ma il percorso di crescita rimane il medesimo dell’originale, con l’incantesimo che si rompe solo al momento in cui dello spregevole individuo di inizio film non rimane più nulla.

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Un clone quindi? No, perché le gag sono diverse e nel ricco paniere di sottotemi offerti dal soggetto Manfredonia fa delle precise scelte personali: sono sottolineate in particolare dal regista le infinite possibilità che il tempo può offrirci, naturalmente legate da come si decide di approcciarsi a ciò che ci circonda. Bravi gli interpreti e belle le location, mentre è meglio sorvolare sulla qualità degli effetti speciali, fortunatamente pochi, per una commedia che si tira fuori dal confronto con l’originale proponendone una gradevole variazione made in Italy. 

Scritta da Manuel Celentano mercoledì 12 agosto 2009


sabato 30 luglio 2011

Premio Letterario " Ossi di seppia " - XVIII Edizione

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     Premio Nazionale di Poesia Inedita  

Ossi di Seppia 

XVIII Edizione




Scadenza iscrizione: 31 Ottobre 2011
Organizzato da:
Comune di Taggia

Indirizzo:
Via San Francesco, 441
18018 Taggia (IM)
E-mail:
Cellulare:
3290330557
Internet:
http://www.taggia.it
Indirizzo spedizione degli elaborati:
Segreteria del Premio “Ossi di seppia” – Via San Francesco, 441 – 18018 Taggia (Imperia)
Bando completo:
OSSI DI SEPPIA 2011 - POESIA.doc
Sezione A
Poesia inedita a tema libero
Tema:
libero
Copie:
Singola Copia ; I testi anonimi non dovranno contenere alcun segno di riconoscimento e saranno inseriti in busta anonima chiusa
Lunghezza:
libera
Opere ammesse:
da un minimo di tre ed un massimo di sei poesie inedite
Quote di partecipazione:
La partecipazione è completamente gratuita
Premi:
Le opere dei primi quattro autori formeranno una antologia che sarà pubblicata ad esclusive spese del Comune di Taggia
Premiazione:
03 Dicembre 2011
La premiazione è prevista per il mese di Dicembre 2011
Notizie sui risultati:
Riceveranno notifica soltanto i vincitori e gli autori segnalati dalla Giuria Tecnica
Giuria:
Lamberto Garzia, Claudio Damiani, Massimo Morasso
Altre note:
  • I testi anonimi non dovranno contenere alcun segno di riconoscimento. All’interno del plico contenente i componimenti dovrà essere allegata un’altra busta nella quale saranno inseriti i seguenti dati: Nome Cognome, luogo data di nascita, indirizzo, telefono e firma dell’autore, dichiarazione che l’opera è inedita e dati personali secondo quanto previsto dalla normativa sulla privacy e solo ai fini della manifestazione.
  •  
Tutti i risultati:
Premio Nazionale di Poesia Inedita Ossi di seppia XVIII Edizione
3° Premio Nazionale di Narrativa Inedita "Ossi di seppia" XVIII Edizione
Premio Nazionale di Poesia Inedita "Ossi di seppia" XVII Edizione
Premio Nazionale di Narrativa Inedita "Ossi di seppia" II Edizione

mercoledì 27 luglio 2011

ARTE, ESPRESSIONE DI SE STESSI

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 Psicologa e membro dell’Associazione
  Psicologia in Movimento



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L’Arteterapia consiste nella ricerca del benessere psicofisico attraverso l’espressione artistica dei pensieri, vissuti ed emozioni. Essa utilizza le potenzialità, che possiede ogni persona, di elaborare creativamente tutte quelle sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole e nei contesti quotidiani. Per mezzo dell’azione creativa l’immagine interna diventa immagine esterna, visibile e condivisibile e comunica all’altro il proprio mondo interiore emotivo e cognitivo.
Sin dalla preistoria c’è sempre stato nell’uomo il bisogno di rendere manifesto il proprio mondo interiore. L’individuo civilizzato, dotato di funzioni mentali più evolute (linguaggio, ragionamento astratto, per esempio) esprime sé stesso attraverso i concetti, le parole, i ragionamenti. Colui che invece non usa il linguaggio verbale, che ha difficoltà cognitive, relazionali, può esprimere sé stesso solo attraverso il movimento, i suoni, il colore, le forme, i disegni. Ecco perché è il mezzo di comunicazione maggiormente utilizzato dagli psicotici. Anzi, diciamo che l’Arteterapia è stata scoperta grazie a loro.
L’arte permette un’espressione diretta, immediata, spontanea, arcaica ed istintiva di noi stessi che non passa attraverso l’intelletto.
I materiali e le tecniche che il paziente utilizza gli permettono di esprimere, plasmare e dare una identità precisa al problema che l’ha portato in terapia; attraverso l’aiuto del terapeuta è possibile raggiungere una nuova visione di tale difficoltà, un’intuizione, un insight che lo avvicini alla risoluzione.
Infatti, nell’Arteterapia la produzione artistica non avviene in completa solitudine, è coinvolta anche una relazione tra due persone, il terapeuta e il paziente, e nell’ambito di tale alleanza, la propria creazione viene osservata e discussa, un po’ come accade ai bambini quando mostrano il proprio disegno ai genitori, i quali, con affetto, chiedono a loro : “Oh...che cos’è?”.
L’arteterapeuta deve saper accogliere, legittimare, amplificare i messaggi dell’altro con parole, disegni, proposte. Nel fare ciò deve avere una sensibilità estetica capace di cogliere non la bellezza, il gradevole o il piacevole ma il significativo, il comunicativo. In questo contesto i canoni di bellezza non esistono, ciò che conta è la comprensione, l’accettazione e la contemplazione di ciò che il paziente intende comunicare con la propria opera.
I prodotti artistici non devono mai subire “interpretazioni”, il significato è sempre personale, privato, egocentrato e và ricercato attraverso il colloquio, cosicché sia il paziente stesso ad individuare il giusto messaggio della propria creazione.

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Ognuno ha in sé delle risorse proprie e un potenziale autorigenerativo che va semplicemente stimolato. L’Arteterapia svolge questa funzione e ci consente di credere ed essere fiduciosi nelle capacità che tutti quanti noi possediamo.
È preferibile lavorare sulle risorse poiché, utilizzando le parti positive del cliente, si ottengono dei cambiamenti più facilmente e stabilmente che andando a sollecitare le parti negative, oscure.
Dall’Illuminismo in poi, sono stati privilegiati l’aspetto cognitivo, la mente, l’intelletto, la ragione, (aspetti caratteristici dell’emisfero sinistro) a discapito della creatività, della fantasia, dell’intuizione, delle percezioni sensoriali (aspetti caratteristici dell’emisfero destro).
In questo modo le risorse tipiche dell’emisfero destro sono state quasi completamente dimenticate con un conseguente impoverimento della capacità a vivere “con tutto sé stessi” la propria esistenza. L’Arteterapia si pone come obiettivo la riappropriazione di tale patrimonio in quanto può essere un valido sostegno nelle situazioni di difficoltà che la vita ci pone.
Attraverso un disegno, un colore si può contattare l’aggressività. Con la musica si può facilitare l’espressione dei sentimenti e con la danzaterapia il corpo è libero di esprimersi con il proprio linguaggio, al di là delle convenzioni. Attraverso il teatro si ha la possibilità di impersonare ruoli nuovi e mettersi nei panni degli altri.
Così, l’Arteterapia, con le sue tecniche e materiali, favorisce la conoscenza di sé stessi e delle proprie potenzialità e rende possibile l’integrazione di tutte le risorse di cui disponiamo per poter vivere meglio.
L’Arteterapia quindi svolge la funzione non solo di trattamento di malattie ma anche di trasformazione, evoluzione e crescita dell’individuo.
Come nasce l’Arteterapia e qual è la sua storia?
La storia delle arti creative si è spesso intrecciata, fin dall’antichità, con quella della salute mentale.
Gli antichi Egizi incoraggiavano le persone affette da disturbi mentali a “perseguire interessi artistici e frequentare concerti e balletti”.
Anche gli antichi Greci utilizzavano il teatro e la musica per favorire la catarsi, liberare le emozioni represse e ritornare ad una vita equilibrata. I Romani, invece ritenevano che lo studio della letteratura potesse alleviare le sofferenze umane e la musica alleviasse la melanconia. 

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Solo durante il periodo medievale l’arte intesa come cura dei disturbi emotivi subì un vero declino, sostituita dalla magia e dalla superstizione.
Dal Rinascimento in poi, in Europa, la concezione dell’arte e soprattutto dell’artista vivono una vera trasformazione. L’artista viene concepito come una figura dotata di particolare sensibilità e l’opera d’arte viene vista come una sorta di strumento terapeutico che permette l’espressione di una realtà fantastica, che altrimenti l’avrebbe potuto portare alla follia.
Vale la pena ricordare, durante la Rivoluzione Industriale, in Inghilterra, un approccio noto come “terapia morale”: i pazienti con disturbi mentali venivano accolti in rifugi in campagna e qui ricevevano cure, assistenza e svolgevano attività artistiche come la pittura, scultura e musica. Fu in uno di questi rifugi che Vincent Van Gogh trascorse buona parte della sua esistenza.
Nel XX secolo vengono mossi i primi passi verso l’Arteterapia così come viene intesa oggi grazie a Freud e Jung e alla psicoanalisi. L’opera artistica è concepita come l’espressione dell’inconscio e come un derivato del processo di sublimazione degli istinti di base.
Margaret Naumburg, psicoanalista e seguace di Freud, è considerata la fondatrice dell’Arteterapia in America (Art Therapy). Ella scrive: “il processo dell’arte terapia si basa sul riconoscere che i sentimenti e i pensieri più profondi dell’uomo, derivati dall’inconscio, raggiungono l’espressione di immagini, piuttosto che di parole”. Tali immagini esprimono i conflitti e in questa nuova veste appaiono più comprensibili, e quindi, più facilmente risolvibili. La relazione terapeuta-paziente gioca un ruolo importante nel processo terapeutico e il prodotto artistico diviene lo strumento che rafforza tale relazione.
Un’altra fondatrice dell’Arteterapia è Edith Kramer, contemporanea della Naumburg. la quale considera l’opera d’arte come un “contenitore di emozioni” e l’atto stesso del creare come terapeutico di per sé.
Attualmente l’Arteterapia riflette un’ampia varietà di assunti teorici che si collocano in posizioni intermedie tra la Naumburg e la Kramer e forti influenze provengono dall’approccio umanistico, gestaltico, evolutivo e corporeo.
Aree d’intervento e destinatari
Le aree di intervento dell’Arteterapia sono essenzialmente tre:
-Area Terapeutica L’Arteterapia può essere inserita nel programma riabilitativo dei casi di handicap gravi e disturbi psichiatrici (schizofrenia, autismo). Integrandosi al lavoro di equipe fatto di diverse competenze e professionalità (medici, psichiatri, psicologi, logopedisti, ecc) può portare il paziente al raggiungimento di buoni risultati.
In questi casi le tecniche espressive non sono mai le uniche responsabili dei miglioramenti, poiché ciò che “cura” è la relazione terapeuta-paziente, ma diventano gli strumenti che un operatore sensibile può utilizzare per scoprire e conoscere le immagini, le sensazioni e i sogni di un paziente che non riesce ad esprimersi con le parole.

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-Area riabilitativa
 
L’Arteterapia può essere utilizzata anche con bambini, anziani, adolescenti e adulti portatori di handicap fisici in assenza di vere e proprie patologie psichiche. L’Arteterapia diventa un’esperienza ludica, di gioco in cui si è liberi di esprimersi attraverso le proprie possibilità senza ricevere giudizi, né condizionamenti. L’obiettivo non è “fare bene”, ma è comunicare i nostri pensieri ed emozioni così come viene istintivamente fare. Si può produrre anche uno scarabocchio se è questo che riusciamo a fare e ci rappresenta. In questa maniera l’utente con un corpo trasformato o diversamente abile vive il proprio corpo, non lo subisce.

- Area preventiva ed educativa.
 
Le tecniche espressive sono utili per favorire una maggiore conoscenza di sé stessi nei momenti di cambiamento che capitano nella vita. Durante una crisi coniugale, un cambiamento di lavoro, nei casi di leggera depressione a seguito del pensionamento può essere utile liberare le proprie energie creative attraverso un percorso in un laboratorio artistico.
L’Arteterapia non solo agevola la guarigione ma, soprattutto, promuove il benessere.

Cos’è un laboratorio di Arteterapia?
 
Anche se il laboratorio di Arteterapia rispetta tutte le regole del setting terapeutico (ossia lo spazio e il tempo è ben definito e tutto ciò che accade all’interno di tale spazio e tempo acquisisce un significato che facilita la comprensione del paziente) appare come un ambiente molto diverso dal classico studio dello psicologo. Il laboratorio è uno spazio ampio, luminoso e ricchissimo di stimoli. Vi si trova di tutto: carta, matite, colori, das, stoffe, lane, legno,farina, teli, burattini, strumenti musicali. Si può trovare anche uno spazio vuoto, libero da stimoli, da riempire come si vuole.
Nel laboratorio, su indicazioni dell’arteterapeuta, ci si può dedicare:
- alle arti visive. Si può disegnare, colorare, modellare das o creta, utilizzare fotografie o filmati;
- alla musicoterapia. Si può ascoltare musica per favorire una maggiore attivazione o il rilassamento;
- alla danzaterapia, con cui di certo non si apprendono coreografie ma si impara a liberare il corpo consentendogli di esprimere pensieri, emozioni e sentimenti;
Alla teatroterapia, che permette di comunicare con il corpo e con la voce, di osservare il mondo con gli occhi di un altro e di giocare con ciò che è finzione e ciò che è verità;
Al gioco. Si propongono i giochi che fanno i bambini: rubabandiera, nascondino, lanciare la palla, ecc. Il gioco allena il bambino (e anche l’adulto) alla vita e gli permette la ricerca del sé, di un sé corrispondente ai proprio bisogni.
Ed è sempre nella direzione del gioco che viene svolto il lavoro nei laboratori artistici, affinché l’Arteterapia sia vissuta come un’attività “ludica e divertente” che accompagna l’individuo in uno dei viaggi più affascinanti dell’uomo: la scoperta di se stessi.

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Bibliografia:
  • Giusti E. , Piombo I. (2003), Arteterapie e Counseling espressivo. Ed. Aspic
  • Naumburg M (1966) , Dynamically oriented art therapy: its principles and practices, Grune & Stratton, New York.
  • Kramer E. (1977) Arte come terapia nell’infanzia. Ed. La Nuova Italia.
  • Ulman E. (1961), Art-therapy: problems and definition, in “Bullettin of Art-Therapy”, II, 2.
  • Warren B. (1995), Arteterapia in educazione e riabilitazione. Arti visive, danza, musica, attività teatrale, racconti, maschere e burattini. Ed. Centro studi Erickson.


domenica 17 luglio 2011

E se leggessimo una fiaba?

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Una fiaba, per sognare ancora
 
E’ un luogo tutto da scoprire, una nuova terra da esplorare. Dopo averla perlustrata e conosciuta non si può più essere quelli di prima.
E’ come un sogno che si cala nel momento presente, esprimendo ciò che avviene nella nostra mente, colmandone i vuoti e armonizzando la tendenza della psiche alla discontinuità dei pensieri, ossia l’attitudine al “chiacchiericcio” mentale, causati dai vissuti personali.
Leggere o ascoltare una fiaba offre la possibilità di appianare proprio questa frammentarietà e discontinuità . Come togliersi delle schegge di ghiaccio dal cuore per poter vivere il flusso vitale della vita, nella scia dell’amore incondizionato che definisce ogni esistenza.
Visitare le fiabe vuol dire perciò intrattenersi con la profondità del nostro essere e della nostra esistenza, senza temere di esserne risucchiati o di perire… in quanto qualsiasi azione non viene compiuta da noi in prima persona, ma dai personaggi della storia.

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La Fiaba-Terapia
 
La fantasia e’ un mare infinito che spazia in lungo e in largo. Ci fa assaporare l’interminabile e l’inesauribile, ma rischia, d’altro canto, di buttarci letteralmente in una visione illusoria della realtà col rischio di alimentare di troppe aspettative i nostri obiettivi e desideri.
Uno dei più grandi patrimoni interiori degli esseri umani e’ l’immaginario.
L’immaginario unito ad un lavoro di ascolto/consapevolezza, ma soprattutto di scrittura creativa (un tipo di scrittura che non segue per forza il senso dei pensieri razionali, ma si sviluppa come un flusso spontaneo e libero di parole e frasi, anche apparentemente senza senso), che la persona fa in una seduta di Fiaba -Terapia, crea una solida base per il cambiamento profondo, in quanto ne costituisce il "campo da arare".
Essendo questo campo circoscritto da confini definiti (ogni campo ha un perimetro), la stessa infinitezza della fantasia ne viene contenuta, strutturata e perciò valorizzata. Come un campo fertile pieno di piante, fiori e frutta.
Con la scrittura libera della fiaba, emerge ciò che in quel momento e’ urgente per noi ed e’ pronto per essere osservato, accolto ed elaborato.
Il fantasticare perciò e’ fonte di informazioni e significati racchiusi, che una volta elaborati nella seduta di Fiaba-Terapia diventano decifrabili per la comprensione della ragione umana.
Perciò dal momento in cui iniziamo a scrivere una fiaba, la fantasia non costituisce piu’ un mondo nel quale rifugiarsi per sopportare meglio la realtà, bensì un mondo da usare per arricchire la realtà medesima, grazie all’ispirazione e all’intuizione che mano a mano scaturiscono dal racconto e dall’analisi dello stesso.
In poche parole, diamo un’attenzione specifica e una finalità al nostro immaginario, ossia ne incanaliamo e circoscriviamo l’estro e la fantasia all’interno dell’area d’azione del nostro stesso obiettivo dichiarato in seduta, cosicché implicitamente, riconosciamo al mondo del fantastico un’importanza che, grazie alle fiabe, ci ritornerà come sempre nuova ricchezza acquisita.

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Con l’ausilio dei racconti fantastici, possiamo discendere sempre più giù nei luoghi dell’interiorità che la mente cosciente non potrà mai esplorare, se non con il tramite fornito proprio dall’inconscio, preziosa fonte interiore, che sulla base di una nostra precisa richiesta e bisogno, ci risponde prontamente, pur se in forma simbolica. Cioè non direttamente, ma sottoforma di rappresentazioni, un po’ misteriose, che alludono a molto di più di ciò che sembra essere… e che pertanto contribuiscono ad ampliare l’area d’azione terapeutica.
Come dire che "tutto ciò che dai ti ritorna": i semini del fantastico, piantati in un campo ben definito, circoscritto e "accogliente", come quello dell’ ambito terapeutico, fanno nascere e crescere nuovo nutrimento "di ritorno" verso la persona stessa.
Più usi il regno della fantasia, più esso si rivitalizza, permettendo al nostro inconscio di parlare e perché no, anche di gioire.
Per inconscio non intendo solo una parte totalmente oscura alla coscienza, bensì un mare ancora (per ora) sconosciuto, di infinite possibilità. Quella parte di noi che sa tutto in assoluto, che conosce ciò che e’ bene per noi e ciò che siamo pronti a recepire e ad affrontare tramite la nostra parte cosciente.
Quest’ultima non ha una visione globale; pertanto affrontare i problemi a questo livello puo’ essere il piu’ delle volte solo un’azione difensiva e perciò limitata.
Al contrario, affrontare i problemi tirando in causa direttamente l’inconscio, costituisce un’azione diretta e saggia, in quanto si va dritti verso il nocciolo della questione.
Ecco perché il lavoro con le fiabe e’ anche un’attività decisamente SPIRITUALE !
Perché ci consente di contemplare e consultare il cosmo di infinite possibilità interiori. Il nostro universo infinito, la Risorsa Divina che sostiene le nostre radici vitali, qui sulla Terra. E lo fa attraverso il racconto: un fiume di parole che definisce cose e azioni fino al "e vissero felici e contenti” e che sancisce il superamento di tutte le avversità.
Con la scrittura libera e creativa di una fiaba, vediamo uscire dalla penna le parole che in quel momento rappresentano la nostra più profonda interiorità.
"Noi siamo le nostre parole": l’uomo ha il potere perché ha la parola.
La parola ci offre il potere di definire le cose terrene, area d’azione della fisicità umana, però non può spiegare totalmente l’esperienza numinosa (Divina) , ossia non può chiarire completamente le qualità di Dio, le esperienze miracolose, misteriose e magiche della vita, quel che si dice "quando la realtà supera la fantasia". L’uomo non potrebbe spiegarle ad un suo simile se non avesse a disposizione il linguaggio fantastico.
Solo il linguaggio del mondo magico della fantasia ha la licenza e l’efficacia di FAR COMPRENDERE a noi esseri umani (anche se solo a livello inconscio) il sottile senso del magico e del Divino, adempiendo e onorando il bisogno dell’umanità di CONDIVIDERE con i propri simili le esperienze incantate e prodigiose della vita; affinché l’inspiegabile si tramuti in trasparente e conoscibile, per avvicinare sempre più il mistero soprannaturale al rigore dell’umano ragionamento logico.

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Cosa è un simbolo?
 
Con i simboli e il linguaggio fantastico, in un certo senso, ci permettiamo di giocare con le parti sconosciute di noi e ciò implicitamente vuol dire dichiararsi già disponibili ad un profondo ascolto interiore, ad uno sguardo aperto e amorevole verso noi stessi e verso il nostro prezioso inconscio.
In pratica ogni cosa esistente sulla Terra (vivente o no), in quanto tale e’ un catalizzatore di significati molto più ampi rispetto a ciò che sembra.
Ogni cosa, animale, pianta, fiore, frutto, etc… già per il fatto di esistere, si esprime in tutte le sue massime possibilità di colori, forme, odori, suoni, sensazioni, azioni etc., che però noi esseri umani riusciamo a cogliere solo superficialmente.
Infatti un simbolo e’ come un’ incarnazioni in sintesi di un concetto molto più ampio che l’inconscio individua immediatamente, mentre la coscienza necessita di un’elaborazione approfondita per comprenderlo.
Quando emerge un simbolo dagli angoli più remoti della psiche e’ come aver pescato il pesciolino d’oro dell’omonima fiaba: un contatto magico con un elemento vivificante che ci apre una porta sulle possibilità di realizzazione dei veri desideri del cuore e la loro possibilità di manifestazione nella quotidianità: "chiedi e ti sarà dato", appunto.
Oltre alla creazione di fiabe personali attraverso una scrittura libera, creativa e di scoperta, un altro aspetto della Fiaba-terapia e’ il lavoro capillare e mirato sulle fiabe famose.
...Biancaneve, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Il Gatto con gli stivali, etc. etc… non a caso sono diventate famose… ed eterne. Esse trattano temi comuni all’umanità intera e alle sue diverse culture. Ciò vuol dire che possiamo lavorare su un nostro tema personale, attingendo ad una fonte antica di possibili risposte.
I meccanismi che si innescano col materiale fiabesco sono già validati dai nostri antenati, che hanno trasmesso le storie ai posteri, proprio perché ne avevano percepito, quasi senza rendersene veramente conto, il grande valore trasformativo. E’ come se cogliessimo un frutto dai luoghi lontani della fantasia per nutrircene.
In seduta questi "frutti", vengono sezionati nel loro potenziale simbolico ed energetico e ne viene valutato ogni aspetto e significato, affinché colmino la psiche di infinita ispirazione. Insomma, i simboli, le azioni e tutti gli elementi contenuti nelle fiabe (sia scritte da noi, sia quelle famose) ci forniscono sempre nuovi spunti su cui lavorare e sostengono il terapeuta nell’ impostare l’evoluzione di una terapia efficace.

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Infatti i simboli lavorano trasversalmente e contemporaneamente attraverso tutti i piani della psiche della persona. Essi costituiscono l’espressione comune, il filo conduttore nell’inconscio di tutti gli esseri umani. Non per niente i simboli sono alla base del linguaggio metaforico, tramite il quale il cervello pensa, agisce, conclude e risolve per similitudine.
Essi contengono pertanto un potenziale universalmente riconosciuto, globalmente compreso e perciò potente. La metafora favorisce un dialogo interiore che esula dal mentale perciò, quando comprendo la logica di una sequenza di azioni simboliche, soddisfo implicitamente anche la sequenza logica dei pensieri razionali. In tal modo risolvo il problema sia a livello intrapsichico profondo, sia nel complesso di tutte le sue aree d’azione, evitando la frammentazione intellettuale, a cui purtroppo tende incessantemente la mente umana: il cosiddetto “raccontarsela su”, quella tendenza della mente a cercare un forzato concatenamento logico tra i pensieri, solo per amor di coerenza a tutti i costi e non di reale comprensione profonda.
Come avrete percepito, qualsiasi vicenda fiabesca può rappresentare in un certo senso, sia un’intera vita, sia i cicli degli stati d’animo che si alternano nella vita di tutti i giorni. I cosiddetti "alti e bassi", dove nella zona "alta" c’e’ la nostra risposta emotiva positiva ad una bella notizia, ad una giornata di sole, ad una scoperta, all’armonia che percepiamo in quel particolare momento.
Nell’area "bassa" invece regna l’istante dello sconforto, del panico, dello smarrimento etc.
Nelle fiabe l’affrontare il bosco, la foresta o il deserto, e’ il momento del perdersi, perché questi sono i luoghi dell’inaccessibile, rispetto alle aspettative coscienti dove regna il "come dovrebbero andare le cose secondo noi". Questi sono luoghi dove, senza un motivo apparente, ci troviamo di colpo e ci smarriamo, perdiamo le nostre certezze e vediamo sgretolarsi le illusioni, come spesso ci succede quando ci assale un’ improvvisa e apparentemente inspiegabile tristezza.
Ma se nella vita questi momenti sono definiti da termini come "depressione", tristezza, apatia, abbattimento, disperazione, etc., nelle fiabe essi assumono la connotazione del non trovare più l’uscita dal luogo buio, oscuro e misterioso. Luogo dentro il quale però, segue anche un automatico ritrovamento: perché nel buio e nell’incognita della foresta giunge sempre una prova, cioè uno stimolo, o un personaggio strano, un’ animale, ossia un’opportunità di una nuova relazione con una parte di noi, per forza di cose su un piano diverso: l’opportunità di scoprire e cogliere i suggerimenti di un inedito e ritrovato alleato interiore.

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Grazie alle fiabe e ai simboli, i momenti "no" possono parlarci attraverso le piccole o grandi presenze che emergono dal fitto buio della foresta e vanno incontro (o contro) all’eroe, a noi stessi, che le dobbiamo affrontare. Dove affrontare non e’ combattere, ma semplicemente "ascoltare". E dove eventualmente combattere, vuol dire guardare in faccia ad una nostra grande paura per poterne smorzare i toni.
Nell’apparente vagare nella foresta (e se vogliamo uscirne) impariamo, volenti o nolenti, ad ascoltare cosa ha da dirci quella particolare energia dentro di noi, rimasta fino a quel momento relegata e in attesa di incontrarci. In tal modo essa può dare forza al nostro eroe interno, al suo potere…al nostro potere.
Dopo questo contatto, dopo queste scoperte, nella vita di tutti i giorni sarà sufficiente applicare anche solo un piccolo suggerimento, di quel personaggio, cosa o animale parlante… Mettendolo in pratica, già implicitamente lo ascoltiamo e lui di conseguenza si può acquietare: così che nel fitto della foresta incomincia a penetrare la luce del sole.
Il nostro stato d’animo cambia, si rasserena e perché no, potrebbe anche rallegrarsi.

A cura di Giovanna Cantoni





 http://imc.unilibro.it/find_buy/vcm.asp?copertina=9788886479622&prodotto=libro

Guarire con le fiabe. Come trasformare la propria vita in un racconto


Libro di Varano Maria

edito da Meltemi, 1998

 

Descrizione

"Spesso chiedo ai miei pazienti in quale fiaba classica piacerebbe loro abitare o quale personaggio vorrebbero interpretare". Questo libro raccoglie le risposte date all'autrice che racconta così una storia di "storie", miti e leggende personali, narrazioni originali di persone diverse, metafore dell'esistenza. E ci fa comprendere come riproducano le tappe fondamentali dello sviluppo individuale e dell'evoluzione collettiva divenendo metafore della storia dell'umanità. Le fiabe sono infatti un viaggio avventuroso in cui gli individui si muovono: rendono attraente l'esperienza del cambiamento e permettono quel decentramento emotivo che fa rivedere e ripercorrere momenti di vita che divengono storia e non solo tempo passato.

martedì 12 luglio 2011

Premio letterario internazionale L'ARCOBALENO DELLA VITA

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Il Bando

 

Premio letterario internazionale per opere inedite
in prosa e poesia in lingua italiana
Decima edizione – Anno 2011

 

REGOLAMENTO

Il concorso è aperto a tutti e non richiede alcuna quota d’iscrizione. È gradito e facoltativo un libero contributo per le spese organizzative e di segreteria.
Possono partecipare autori italiani e stranieri con opere in lingua italiana.
Si riconoscono due categorie di partecipanti:
- Giovani (fino ai 22 anni)
- Adulti (dai 19 anni in poi)
I giovani fino ai 22 anni possono, a propria discrezione, concorrere anche nelle sezioni dedicate agli adulti, è sufficiente che indichino le sezioni alle quali intendono partecipare all’interno del plico dei testi inviati, secondo le modalità descritte più sotto.
Ai fini della premiazione la categoria Giovani sarà ulteriormente suddivisa in tre fasce d’età: fino ai 10 anni compiuti, dagli 11 anni ai 15 anni compiuti, dai 16 anni ai 22 anni compiuti.
Il premio è articolato in sei sezioni:
- Sezione A Adulti – prosa o racconto breve a tema libero (1 solo racconto di lunghezza massima 3 cartelle o 2 racconti di lunghezza massima 2 cartelle; 30 righe ciascuna cartella)
- Sezione B Adulti – poesia a tema libero (massimo 3 poesie; lunghezza massima 40 versi ciascuna)
- Sezione C Giovani – prosa o racconto breve a tema libero (1 solo racconto di lunghezza massima 3 cartelle o 2 racconti di lunghezza massima 2 cartelle; 30 righe ciascuna cartella)
- Sezione D Giovani – poesia a tema libero (massimo 3 poesie; lunghezza massima 40 versi ciascuna)
- Sezione E Silloge inedita di poesie a tema libero (1 silloge di minimo 5 e massimo 10 poesie con versi di lunghezza libera. Si precisa che i fogli dovranno essere spillati tra loro in modo da formare un fascicolo per ogni copia inviata, pena l’esclusione dal concorso)
- Sezione F Haiku (massimo 10 haiku in forma classica: 3 versi rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe)
Ogni partecipante può concorrere a più sezioni.
Le opere inviate devono essere inedite e non devono aver mai ricevuto premi in altri concorsi letterari.

[...]

I lavori dovranno essere consegnati o inviati a:
Premio letterario “L’Arcobaleno della Vita”
c/o Gloria Venturini
Via E. F. Foresti, 6/E
45100 ROVIGO
entro e non oltre il 15 settembre 2011, farà fede il timbro postale.

[...]

 

PREMIAZIONE

Per le sezioni A, B, E e F verranno premiati i primi cinque classificati, ai quali saranno donate targhe artistiche di pregio e diplomi di riconoscimento. Ai successivi dieci classificati saranno attribuite segnalazioni di merito attestate con diploma.
Per la sezione C sarà premiato, con targhe artistiche e diplomi, il primo classificato di ogni fascia d’età.
Per la sezione D saranno premiati, con targhe artistiche e diplomi, i primi due classificati di ogni fascia d’età.
All’interno della categoria Giovani saranno attribuiti ulteriori premi speciali e segnalazioni di merito a discrezione della giuria.
La giuria e gli organizzatori si riservano il diritto di assegnare premi speciali ad autori e/o opere di particolare rilievo.
Potrà inoltre essere istituita una sezione Intercultura che premierà i componimenti più meritevoli inviati dall’estero e/o da cittadini abitanti in Italia ma nati in altri Paesi.
I vincitori e i segnalati verranno tempestivamente contattati telefonicamente e avvisati tramite comunicazione scritta (eventualmente anche attraverso e-mail). L’esito del concorso sarà comunque pubblicato su vari siti internet di carattere letterario e sul sito del concorso www.arcobalenodellavita.it.
La cerimonia di premiazione si svolgerà presumibilmente in un sabato pomeriggio della prima metà del mese di dicembre 2011.

[...]

giovedì 7 luglio 2011

Fiabe e benessere

A cura della  Dott.ssa Monica Monaco

 

FIABOTERAPIA

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È una buona antica abitudine quella di narrare ai fanciulli storie in grado di coinvolgerli in “viaggi con la fantasia” che, oltre a rappresentare delle affascinanti attività ricreative, possono essere opportunamente trasformate in strumenti di educazione e persino di “terapia” volta alla risoluzione di problemi comportamentali ed emozionali.
I racconti e le novelle di fantasia, adottati secondo le modalità operative della cosiddetta “fiaboterapia”, possono far crescere le abilità immaginative e di comprensione della vita quotidiana, ma possono anche sostenere lo sviluppo di alcuni aspetti importanti della personalità e aiutare a padroneggiare degli stati emozionali nuovi che, in alcuni momenti della vita, possono creare paure, chiusure, regressioni, tensioni, malesseri interiori e anche dei comportamenti poco adattivi che nascondono tentativi di fronteggiare i vissuti più difficili.
Il linguaggio di fiabe e favole tuttavia non è un mondo riservato solo ai più piccoli, ma si pone piuttosto come un universo simbolico in cui è possibile scoprire l’esistenza di una porta di accesso sempre aperta, in cui non esiste un limite di età per addentrarvisi traendo, in qualunque momento, innumerevoli stimoli e benefici per il proprio benessere e la propria crescita interiore.

Il potere terapeutico della fiaboterapia
 
La fiaboterapia è una tipologia specifica di biblioterapia costituita da un sistema di strumenti e procedure che mirano a favorire la crescita e a migliorare la salute. Essa adotta metodi narrativi e di lettura di scritti basati sulla fantasia in cui si parla di personaggi umani o anche di animali, di oggetti e persino di vegetali che vengono dotati di una “vita” e di una storia dal narratore. La terapia delle favole si avvale pertanto del linguaggio simbolico delle storie tradizionalmente rivolte all’infanzia e adotta l’ascolto e le riflessioni sulle narrazioni, nonché delle ricostruzioni individuali o di gruppo di trame, allo scopo di favorire una corretta e profonda assimilazione del materiale letto oppure di creare delle personalizzazioni in relazione alle necessità specifiche dei partecipanti e del contesto.
La narrazione di storie immaginate, che può includere fiabe, favole, miti, leggende e altre storie di folclore che si prestano potenzialmente per affrontare un tema, assume un valore importante dal punto di vista pedagogico e psicologico.
Una delle principali potenzialità di questo metodo è costituita dalla possibilità di comprendere o modificare aspetti che riguardano il concetto di tempo trasformando gradualmente alcuni vissuti interiori del rapporto con esso. La fiaboterapia consente infatti, fin dalle più tenere età, di “spostarsi” nella linea del tempo rendendo possibili numerosi obiettivi.
Attraverso questi “movimenti mentali”, infatti, si apre una finestra sul passato che permette di mettere a fuoco problemi e soluzioni di civiltà molto differenti da quella attuale, creando uno strumento per il confronto con il presente e per comprendere le differenze rispetto ad alcune abitudini e modi di vivere moderni. Questo paragone diviene molto importante perché, attraverso la conoscenza e la comprensione di metodi e tempi di risoluzione di problemi del passato, si può insegnare a sviluppare la capacità di “attesa” e di posticipazione, abilità cognitivo-emotive spesso difficili da accrescere nell’attuale contesto sociale per via della velocità delle attuali comunicazioni e transazioni. 

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La fiaboterapia può consentire anche di rispecchiare il tempo presente attraverso racconti vicini alla realtà attuale individuale o collettiva che consentono di mostrare come alcuni problemi personali siano problemi universali, con il risultato di alleviare il senso di solitudine che si prova quando si è coinvolti in alcune difficoltà e, al contempo, di fornire prospettive diverse al proprio problema, possibili pensieri e reazioni differenti e più utili per giungere ad una soluzione.
Il racconto che conduce nel mondo della fiabe e di altre storie di fantasia sviluppa anche le capacità di visualizzare il futuro, proiettandosi in avanti in rapporto a determinate condotte che gli “attori” possono mettere in atto e imparando a prevedere i diversi finali che possono nascere dalle alternative comportamentali agite.
Più in generale, la fiaboterapia consente di fornire alcuni stimoli educativi e psicologici che possono essere adottati, in base alle necessità, a scopo preventivo o riabilitativo. Essi derivano dalla possibilità di incoraggiare:
l’immaginazione e la fantasia;
• la narrazione di problemi umani riflettendo su pensieri ed emozioni;
• lo sviluppo di valori morali;
• l’acquisizione di capacità di comunicazione e relazionali;
• l’acquisizione di abilità emotive fondamentali, quali il riconoscimento e la gestione di stati interiori in relazione al contesto e agli eventi.

Dal punto di vista strettamente terapeutico e del supporto a problemi psicologici e comportamentali, la fiaboterapia è una potente risorsa per:
• consentire di parlare in modo impersonale o graduale di alcuni problemi personali, abbattendo gentilmente le difese;
• consentire di conoscere meglio e comunicare vissuti emozionali repressi e inespressi;
• fornire alternative di pensieri, emozioni e comportamenti in situazioni in cui sono presenti malesseri o disadattamenti.
Più in generale la fiaboterapia consente di usare l’immaginazione in modo positivo, trasformandola da evasione o distorsione della realtà in strumento in grado di generare nuovi vissuti, immagini mentali e comportamenti e di creare alternative positive e più adattive in rapporto alla realtà.

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Dalla narrazione alla fiabazione
 
Il potenziale “terapeutico” può essere racchiuso nelle fiabe e in altri simili racconti di fantasia attraverso la strutturazione in tre fasi.
1) In un primo momento di “riscaldamento” viene presentato un tema o un problema che mira a catturare l’interesse, motivando attraverso la sua trama che può essere resa simile alla storia che riguarda l’ascoltatore-lettore. In questo modo è possibile “far entrare dentro la storia” attraverso dei naturali processi di identificazione, pur mantenendo un distacco che consente di vivere con un certo controllo emozionale gli eventi raccontati. In questa fase non è necessario né consigliabile che la trama reale e la trama immaginaria del problema che si vuole affrontare siano sovrapponibili interamente, quanto che possano esserci delle somiglianze nei vissuti e nelle difficoltà sperimentate.
2) Nel secondo stadio si entra nel vivo della fase “emozionale” ossia nel momento centrale della narrazione in cui è possibile amplificare il “lavoro” agito sugli stati interiori, liberando eventuali emozioni che si teme di manifestare e favorendo la comprensione di quei “vissuti senza nome” che possono essere conosciuti attraverso i personaggi.
3) Infine, nella terza ed ultima fase, quella “risolutiva”, le narrazioni fiaboterapeutiche giungono al termine della storia attivando prospettive per la soluzioni di problemi quotidiani, diventando veri e propri esercizi di problem solving che, per essere davvero efficaci, devono portare ad una risoluzione anche emozionale e profonda delle difficoltà oltre che ad una apertura alla revisione dei pensieri e dei comportamenti.
Naturalmente, come accade in tutti i cambiamenti, l’apertura di una nuova prospettiva alla realtà richiede un certo tempo per essere assimilata e per consentire un vero e proprio cambiamento che deriva da un nuovo equilibrio interiore tra pensieri, emozioni e comportamenti. Per tale ragione la fiaboterapia spesso richiede più interventi per consolidare i risultati attraverso un graduale cambiamento profondo che consente di eliminare contrasti e dissonanze create dai nuovi elementi subentrati.
Le tre principali metodologie di fiaboterapia, che possono essere integrate tra loro, sono:
- la lettura autonoma di fiabe costruite con una struttura potenzialmente terapeutico-educativa;
- la fiaboterapia interattiva;
- la fiabazione, cioè la narrazione fiaboterapeutica attuata dai destinatari degli interventi in modo guidato allo scopo di giungere alla elaborazione positiva di un tema-problema.
Generalmente la lettura di una fiaba, per quanto ben costruita, non andrebbe mai lasciata ad una spontanea interpretazione ma dovrebbe essere guidata attraverso domande e dialoghi volti a favorire la piena comprensione degli eventi e dei vissuti dei personaggi. Questa fase di riflessione e pensiero guidato è volta a raggiungere gli obiettivi di cambiamento che ci si propone e talvolta può essere svolta in modo semplice attraverso esercizi proposti in appositi testi.
La costruzione guidata di una fiaba o favola invece viene preferita quando non è disponibile una fiaba adatta a proporre un tema-problema da affrontare in forma simbolica oppure quando la soluzione non è adatta alla situazione reale o alla personalità dell’ascoltatore, ma anche quando si desidera favorire l’espressione naturale dei contenuti del proprio mondo interiore a scopo di diagnosi o anche di abreazione emozionale.

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Nella fiaboterapia i materiali che possono essere adottati vengono scelti in funzione della tipologia di attività che si intende svolgere.
Più precisamente si possono adottare:
• libri tradizionali di fiabe, favole e altri racconti per bambini;
• libri accompagnati da elementi scenici;
• audiolibri di fiabe sonore;
• • video di cartoni animati;
• • film-animazioni;
• marionette o pupazzi per mettere in scena storie.
Tra le tipologie di storie che è possibile scegliere si ritiene che quelle più efficaci siano quelle che coinvolgono animali o personaggi non umani, dal momento che esse consentono di far vivere l’identificazione in modo meno consapevole, riducendo eventuali resistenze prodotte dal desiderio di non affrontare un problema.
Le guide per crescere e guarire nel mondo delle fiabe
La fiaboterapia ha il sapore del gioco simbolico e attraverso essa è possibile adottare sia storie emblematiche educative che terapeutiche.
Nel primo caso si introducono dei concetti e dei vissuti che possono essere utili in modo generalizzato per il particolare stadio di evoluzione dei destinatari. Attraverso le narrazioni è possibile aiutare a sviluppare alcuni concetti mentali e si possono creare dei modelli di realtà che sono utili per muoversi con maggiore sicurezza in nuove situazioni quotidiane.
Quando invece si adottano delle metafore terapeutiche si offrono soluzioni nuove a problemi concreti o conflitti interni in atto.
Nel caso di obiettivi educativi a narrare o a guidare la fiabazione possono essere tanto i genitori che altre figure educative. Ciò che va ritenuto costantemente importante è tuttavia la necessità di stabilire un rapporto entro il quale narrare: senza una base di fiducia e di comunicazione non è possibile attendersi un’apertura nell’ascolto o nella “costruzione” ed espressione di sé. È importante creare un clima aperto alle domande e alle considerazioni, ma anche un’atmosfera di prossimità emotiva che permetta di non sentirsi soli durante la narrazione.
Per questa ragione si consiglia di curare anche la comunicazione attraverso il corpo e la voce, evitando barriere tra narratore e ascoltatore e trovando una disposizione spaziale che consenta di percepire che si sta condividendo qualcosa insieme.
Se si desidera adottare un racconto per una particolare finalità legata a problemi attuali è importante stabilire prima una abitudine a condividere la narrazione e, solo dopo alcune esperienze centrate su altri temi, è consigliata l’introduzione di una storia sul tema-chiave.
È possibile far precedere il momento della lettura da un rituale di rilassamento che favorisce l’apprendimento di quanto si sta per approfondire o in modo da iniziare una vera e propria modalità di narrazione basata sulla visualizzazione ad occhi chiusi.
Una regola fondamentale è quella di rispettare i tempi di attenzione, pertanto in taluni casi occorre considerare la necessità di dividere la narrazione in più momenti, riprendendo da una breve sintesi della precedente lettura.
Per raggiungere obiettivi di cambiamento e di aiuto più complessi occorre invece affidare la narrazione ad esperti con una preparazione adeguata in base al tipo di problema da affrontare, in grado di supportare eventuali manifestazioni emotive inaspettate e di personalizzare, se necessario, parti della narrazione o esercizi di riflessione.

Riferimenti bibliografici
 
- Kast V., 1995, Folktales as Therapy, New York: Fromm International Publishing Corporation.
- Mills J., Crowley R., 1986, Therapeutic metaphors for children and the child within, Brunner-Mazel, NY.
- Monaco M., 2009, Corso di fiaboterapia, Accademia Menteviva.
- Oliviero Ferrarsi A., 2005, Prova con una storia, Fabbri editori.
- Santagostino P., 2006, Guarire con una fiaba e usare l’immaginario per curarsi, Feltrinelli

 

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Guarire con una fiaba,
usare l'immaginario per curarsi




Guarire con una fiabausare l'immaginario per curarsi
La fiaba è un po’ come il sogno e può aiutare nella terapia psicologica. Dagli studi classici sulla fiaba la proposta di una pratica di “fiabazione” per curarsi e vivere meglio.


La fiaba racchiude degli archetipi e svolge una funzione anche psicologica, è uno strumento conoscitivo e creativo che rappresenta di per sé un momento terapeutico e, in quanto tale, può intervenire su disturbi fisici e psichici. Partendo da questi presupposti Paola Santagostino chiede ai suoi pazienti di inventare delle favole. In questo modo riesce a scoprire quali simbologie agiscano nei loro processi interiori e a utilizzarli a scopo terapeutico. In questo libro l’autrice, dopo aver presentato i significati simbolici principali delle figure ricorrenti (i personaggi, gli animali, i paesaggi) e gli elementi basilari della struttura delle fiabe, illustra le relazioni esistenti tra immaginario e corpo, tra salute, malattia e terapia. Offre quindi alcuni esempi di fiabe inventate dai pazienti e di casi clinici correlati. Infine spiega come il metodo della “fiabazione” possa essere applicato da ciascuno su di sé.
Inventare una fiaba infatti significa trasporre un evento, fisico o psicologico o relazionale, in immagini, riproducendo simbolicamente il modo in cui il soggetto lo sta vivendo, in maniera tale da offrire alla coscienza la possibilità di trovare tramite l’immaginario nuove soluzioni ai problemi, di uscire da uno schema mentale logico e razionale per vedere le cose da un altro punto di vista, creativo e intuitivo. Inventare una fiaba può sviluppare dunque la creatività e insieme far arricchire la conoscenza di sé, dei propri bisogni, desideri, potenzialità. Da tutto ciò risulta un libro molto leggibile e adatto a coloro che siano interessati a un approfondimento delle proprie conoscenze psicologiche.

Pag. 176 - € 7.50